Fiscalità delle criptovalute

12.08.2020

Le criptovalute e i Bitcoin vanno dichiarati? Le tasse sulle plusvalenze Bitcoin vanno pagate? Con l'interpello n° 956-39/2018 l'Agenzia delle Entrate della Lombardia ha chiarito moltissimi punti relativi alla fiscalità del Bitcoin e delle altre criptovalute.

Non esiste una vera e propria norma che definisce i criteri da seguire riguardo la tassazione sui bitcoin e criptovalute, ciò che si può fare è seguire le indicazioni date dalla stessa Agenzia delle Entrate a seguito dell'interpello n° 956-39/2018. In risposta a quest'ultimo l'AdE accosta esplicitamente la risoluzione n.72/E del 2016 alle criptovalute e ai bitcoin.

Inoltre non bisogna dichiarare allo Stato, o all'Agenzia delle Entrate, quanti Bitcoin si posseggono. Tuttavia il tema è delicato, complesso, e per certi versi ancora controverso. Quindi è necessario fare un po' di chiarezza e specificare le varie casistiche. C'è una differenza tra acquistare Bitcoin (o criptovalute) con una piattaforma come eToro ad esempio, e un exchange di criptovalute. Nel primo caso si tratta di trading di Bitcoin, con eventuali guadagni tassati al 26% sulla base delle proprie capacità di trader, e solo quando si preleveranno i fondi per versarli sul proprio conto corrente. Nel secondo caso, exchange, si stanno effettivamente comprando dei Bitcoin (o criptovalute) reali e quindi le tasse "andrebbero pagate" solo nel momento in cui viene effettuata la conversione in euro.

Per le imprese i Bitcoin vanno considerati alla stregua di valuta estera. Quindi sebbene non ci sia la specifica necessità di dichiarare quanti se ne posseggono, bisogna però dichiarare tutte le operazioni effettuate esattamente come si fa per quelle che avvengono in altre valute (Euro, Dollaro, o altre). E questo vale per qualsiasi criptovaluta si utilizzi. Pertanto dal punto di vista fiscale per le aziende usare Bitcoin è esattamente come usare Euro o Dollari: dal punto di vista fiscale, burocratico o amministrativo non cambia nulla. Le plusvalenze sono tassate, ma vengono pagate solo al momento in cui vengono rilevate. Quindi solo quando i Bitcoin venissero venduti, o a chiusura di bilancio, si potrebbe rilevare la plusvalenza, e nel caso in cui ci fosse su questa (e solo su questa) ci sarebbero delle imposte da pagare.

Discorso diverso invece per i privati cittadini. Infatti un privato cittadino che non svolge attività finanziaria finalizzata all'ottenimento di plusvalenze non deve pagare alcuna imposta, nemmeno qualora riesca a tutti gli effetti a realizzarne. Come per il discorso precedente Bitcoin è considerato alla stregua di una valuta estera, pertanto valgono le stesse regole che valgono ad esempio per il cambio Euro/Dollaro. Ma, se durante il corso di un anno, per almeno 7 giorni consecutivi si supera la soglia di possesso di Bitcoin per un controvalore pari a circa 51.000€, allora l'Agenzia delle Entrate considera l'attività del privato un'attività speculativa e quindi chiede il pagamento delle tasse sulle eventuali plusvalenze. Vale comunque sempre il ragionamento precedente: le plusvalenze vengono rilevate solo al momento della vendita dei Bitcoin, pertanto le tasse si devono pagare solo sulle plusvalenze, e solo nel momento in cui li si dovesse vendere generando una plusvalenza (sempre che si superi la soglia di possesso di cui sopra). L'aliquota con cui si tassano le plusvalenze finanziarie è del 26%, e che queste vanno inserite in dichiarazione dei redditi negli appositi spazi dedicati proprio alle plusvalenze derivanti da attività finanziarie.

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