TFR, tassazione e scelta tra azienda o fondo

21.03.2020

Il Trattamento di Fine Rapporto è diventato un argomento sempre più discusso per ciò che riguarda il risparmio ai fini pensionistici, dato che grava per la maggior parte su ogni dipendente. E' più conveniente lasciarlo in azienda oppure versarlo in un fondo pensione? e come viene tassata la liquidazione?

Il TFR rappresenta la liquidazione, che il lavoratore dipendente, otterrà nel momento in cui si verifica la cessazione del rapporto lavorativo. A prescindere dalla reale motivazione, inclusi licenziamento e dimissioni. Il TFR è quindi una porzione di retribuzione, in genere corrispondente ad una mensilità all'anno, che il datore di lavoro accantona e che verrà corrisposta al lavoratore nel momento in cui il rapporto di lavoro terminerà con la risoluzione del contratto.

Quando una persona inzia a lavorare, oppure quando decide di cambiare azienda, bisognerà scegliere la destinazione del TFR: azienda o fondo pensione? La risposta è "dipende, dalle esigenze personali". Dal 2007, ogni lavoratore dipendente nel settore privato può scegliere se mantenere il TFR in azienda, oppure decidere che il 6,91% della retribuzione lorda venga versata dall'azienda in un fondo pensionistico. Il TFR lasciato maturare in azienda viene rivalutato automaticamente. Il 31 dicembre di ogni anno viene applicato un tasso fisso (1.5%) più una componente variabile (75% dell'inflazione) in modo che il TFR si allinei all'aumento del costo della vita. E' possibile ricevere la liquidazione accumulata in azienda sia al momento della cessazione del rapporto di lavoro oppure in parte mediante un anticipo.

Più precisamente per quanto riguarda il discorso del TFR in azienda, se lo si ottiene in liquidazione si applica la tassazione separata - aliquota IRPEF media (minima: 23%) degli ultimi cinque anni di lavoro; invece, se lo si richiede in busta paga allora si procederà alla tassazione ordinaria, ossia ad un'aliquota IRPEF progressiva (a scaglioni) in base al reddito totale. La tassazione separata del TFR lasciato in azienda e riscosso al termine del rapporto di lavoro è più conveniente della tassazione che si applica al TFR qualora lo stesso venisse erogato mensilmente in busta paga, o chiedendo un anticipo sulla liquidazione.

E' bene precisare che la scelta di cosa fare del proprio TFR è tutt'altro che semplice. Ma, soprattutto, può incidere in maniera decisiva sul risparmio previdenziale e sul capitale pensionistico, dato che aderire alla previdenza complementare è una scelta "non revocabile". Una volta posta in essere, infatti, non sarà più possibile riportare il TFR in azienda. 

Fondo o azienda?

L'eta. Incide in modo significativo riguardo alla scelta. Più anni mancano al raggiungimento dell'età pensionabile più grande sarà l'effetto moltiplicativo derivante da una corretta gestione del fondo. Se invece mancano pochi anni al raggiungimento della stessa allora è consigliabile non aderire al fondo in quanto la probabilità di andare incontro a delle perdite è piuttosto alta e non ci sarà il tempo per recuperarle. Quindi, in questo caso, converrebbe lasciare il TFR in azienda.

Tasse. Lasciare il TFR in azienda vuol dire andare incontro ad una tassazione fra il 23% e il 43%, mentre invece aderire a un fondo pensione significa subire una tassazione che varia dal 9% al 15%. A partire dal quindicesimo anno di partecipazione ad un fondo pensione vengono operati degli sconti di 0,30 punti percentuali per ogni anno di partecipazione successivo, fino ad un massimo di riduzione di 6 punti (9%). Il TFR versato nel fondo pensione non è deducibile, a differenza dei contributi personali, perché non è considerato reddito imponibile. Versando però dei contributi personali, sarà possibile portare in deduzione al proprio reddito una percentuale di quanto versato. Il risparmio, di per sè, sarebbe notevole, dato che la deduzione massima ammonta 5.164,57 € e non vi è alcun vincolo di versamento. Di seguito un esempio del risparmio fiscale che è possibile ottenere versando dei contributi personali:

Supponendo che durante l'anno siano stati versati 3000€ di contributi volontari, ecco che ai redditi del contribuente andranno subito sottratti gli oneri deducibili con conseguente riduzione della base imponibile. Tra questi rientrano i contributi versati annualmente alla previdenza integrativa entro il limite di 5.164,57€. La nuova base imponibile per il calcolo dell'aliquote IRPEF sarà quindi: 27000€ (30000€ - 3000€).

Il risparmio fiscale è stato quindi quasi dell'11% (7500€ - 6690€ = 810€). Ogni anno è possibile dedurre dal reddito dichiarato ai fini IRPEF fino a 5.164,57 € di contributi alla pensione integrativa, compresi gli eventuali contributi versati dal datore di lavoro, deducibili al pari di quelli personali.

Mercato del lavoro. Non è più quello di una volta: si cambia posto di lavoro con molta più frequenza che in passato. Il TFR lasciato in azienda potrebbe non essere più il risultato di un accumulo di 20 o 30 anni di lavoro come una volta. Ad ogni cambio di lavoro il TFR viene liquidato e tassato se lasciato in azienda. In un'ottica di risparmio per il futuro non è sicuramente la soluzione migliore. 

Rendimenti. Versando il TFR alla previdenza complementare, il lavoratore accede all'opportunità di partecipare al rialzo dei mercati finanziari e godere di rendimenti di lungo periodo potenzialmente più elevati. Inoltre, potendo scegliere la propria linea di investimento, che rifletterà la personale propensione al rischio, eventuali ribassi nel breve termine potranno essere compensati nel lungo periodo da performance positive dei mercati. I fondi pensione inoltre beneficiano di un'imposta sostitutiva del 20%, anziché del 26% come gli altri strumenti finanziari, su interessi e plusvalenze realizzate. I titoli di Stato, le obbligazioni dei titoli pubblici territoriali (come regioni, province e comuni) e i bond di stato esteri e territoriali inseriti nella white list e quelli degli organismi internazionali sono tassati al 12,5%. Il rendimento del TFR lasciato in azienda è invece assoggettato all'aliquota del 17%.

Sicurezza. Cosa succede al TFR in caso di pignoramento? Sia il fondo pensione aperto sia il PIP costituiscono un patrimonio autonomo e separato rispetto a quello del gestore (banca, assicurazione, SGR o SIM) e questo garantisce l'intoccabilità assoluta delle risorse versate:

  • da pignoramento da parte di creditori del gestore
  • da pignoramento da parte di creditori dell'aderente stesso
  • in caso di fallimento o altra procedura concorsuale del gestore

Se il datore di lavoro è insolvente e non versa alla previdenza integrativa o non liquida il TFR lasciato in azienda interviene il Fondo di garanzia istituito presso l'INPS. Le somme di TFR versate nella forma pensionistica integrativa vengono investite nei mercati finanziari e potrebbero subire delle oscillazioni, ma l'aderente può scegliere il comparto di gestione più in linea con le sue esigenze in base all'orizzonte temporale a disposizione. Restano fermi, poi, dei limiti prudenziali fissati dalla legge a presidio degli investimenti.

Anticipazione del TFR. La possibilità di richiedere un'anticipazione è più flessibile se il TFR è in un fondo pensione. Va specificato che l'anticipo chiesto al fondo si riferisce all'intera posizione maturata, composta da contributo del lavoratore, del datore di lavoro, del TFR e dei rendimenti finanziari, mentre per il TFR in azienda l'anticipo sarà costituito dalla quota di TFR e dal suo rendimento. È bene precisare inoltre che potrebbero sorgere alcune differenze nelle condizioni di accesso ed erogazione dovuti all'anticipo del TFR in azienda dovute a specifiche caratteristiche dei diversi CCNL.  Ulteriore aspetto da tenere in conto è che quanto richiesto come anticipazione al fondo pensione può essere reintegrato con uno o più versamenti che possono anche superare la soglia annuale di 5.164,57 € e comunque in esenzione di imposta.

Possibilità di conferire solo una parte. Il TFR può essere conferito in parte solo nei fondi pensione chiusi (fondi di categoria, esempio: Fonte, Cometa, ecc) e in presenza di accordi o contratti collettivi di lavoro (CCNL) che fissano la % minima di TFR da destinare alla previdenza complementare. In mancanza di qualsiasi indicazione vale la regola del conferimento del 100% del TFR al fondo pensione chiuso di categoria.

Con la previdenza integrativa quindi si hanno non solo vantaggi fiscali e potenziali rendimenti superiori, ma anche la stessa sicurezza rispetto al lasciarlo in azienda e una maggiore flessibilità sulle anticipazioni. Ricordiamo che aderire alla previdenza complementare è una scelta "non revocabile"

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